giovedì 30 giugno 2016

Tappa Diciassette: da Contrada Casonetto a Melfi

29 giugno 2016

Sono davvero due passi, quelli di oggi. 
Iniziano di fronte all'agriturismo, un sentierino che si arrampica su una collina e si getta al bordo del campo. Due linee parallele corrono fra l'erba alta fino al petto, non può che essere tratturo. Dev'essere passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che qualcuno è stato qui, ma la traccia rimane. Mi piace pensare che ci vogliano anni prima che un passaggio come quello delle greggi in transumanza scompaia. Mi piace pensare che la terra abbia tenuto memoria del calco. Chissà se anche per l'Appia sarà così.

 
Ci spingiamo più in là possibile lungo la nostra Linea, fin quando arriva il punto in cui proseguire sarebbe solo cieca testardaggine. Prima della Madonna di Macera c'è una strada che porta al centro di Melfi: scendiamo ai talloni del magnifico castello, poi risaliamo fino al centro storico. La cattedrale è impacchettata per restauri, il campanile invece buca bianco il cielo, a voler controllare questa piazza addormentata, custode del silenzio di certe mattine di giugno. Ce lo godiamo anche noi, occupando i gradini a piedi nudi, con quella libertà speciale da viandanti che a casa dimentichiamo di avere. In fondo, siamo sempre diretti da qualche parte. Dopo poco sopraggiunge Filomena con il suo sorriso spontaneo e una semplicità piena di attenzione, latte e menta in un pomeriggio d'estate.
A casa c'è Francesco, il fratello minore, un piccolo uomo di undici anni con il pensiero svelto e la battuta incalzante. Inizialmente mantiene le distanze, mascherando la sua curiosità con un finto disinteresse - poi ci confesserà che ci credeva serial killer - ma, passati cinque minuti, ci tempesta di domande, su di noi e sul nostro viaggio. "Posso guardarti bene la fronte?", chiede a Giulia, per verificare se è imparentata con Harry Potter e quando Clara si toglie i sandali a causa delle vesciche, invece, diviene automaticamente Tarzan.
A pranzo la famiglia si riunisce, conosciamo anche Antonio e Pina. Il prolungamento della tavola per fare posto anche a noi, nuove figlie adottive, è un gesto naturale che fanno quotidianamente, e non solo per stare più larghi. Siamo capitate in una famiglia dalle piccole grandi attenzioni. È una casa dove si sa ridere e passare sopra alle mancanze in cambio di uno stare bene più nobile.
Filomena ci lascia la sua camera e nel pomeriggio ci accompagna in un giro della sua città, ne ha studiato la storia il giorno prima, per noi. Di lei impariamo presto che ama i cieli nuvolosi e le atmosfere British, ascolta rock e sogna di viaggiare lontano, anche se per prima cosa vorrebbe scoprire i posti vicino casa. 

 
Filomena ci tiene ad arrivare al castello con la luce del tramonto e capiamo perché. Quella luce lo esalta in tutta la sua magnificenza, perché la pietra a quell'ora sembra più calda. Visitiamo il cortile interno e per un attimo ognuna è persa in un suo mondo medievale. Poi discendiamo le antiche stradine alla ricerca della dimora di Pier delle Vigne. Si respira aria di una bellezza che fu, senza nostalgie, come una cena coi vecchi compagni del liceo. Arriviamo fino alla parte più bassa, più nuova, con la Porta Venosina, gli sguardi addormentati dei randagi e un cielo viola in cui volano Dissennatori.

 
Per cena ci abbuffiamo di panzerotti, Francesco ci ha contagiate anche in questo. Ma presto il sonno ci reclama, prima di poter mantenere fede alla promessa: sarà ancora Filomena a leggere un capitolo di Harry Potter al fratello, non Clara, non Giulia.
"Mi piacerebbe fare un viaggio a piedi con voi". Allora domani cammineremo anche per te, Francesco.

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