giovedì 23 giugno 2016

Tappa Dieci: da Capua a Maddaloni

22 giugno 2016

 
Niente sveglia stamattina. Si sentono cantare le suore alla messa delle sette, ma ce la prendiamo con calma e ci alziamo con la sensazione del dover andare nei piedi. Facciamo un doveroso bucato, sapone di marsiglia e tanto gomito. Suor Carità ci coccola con un caffè scuro: è cresciuto da queste parti, dove quello è un rito sacro di ospitalità. Giulia le chiede se le piace stare qui: "noi facciamo una scelta che prevede l'obbedienza. Dove ci mandano, andiamo".
La nostra mattina trascorre coi quaderni in mano mentre le nostre gambe esauste ringraziano della cortesia. Per pranzo ci viziamo con un piatto di gnocchi alla sorrentina. Gaetano, il proprietario del ristorante, ci accoglie bonario. Siamo le sue uniche clienti e si ferma per raccontarci di un ragazzo di passaggio a Capua che stava facendo il giro del mondo per rincontrare la sua bella. Si erano dati appuntamento a Roma un giorno preciso, ad un orario preciso. Rimane un po' con lo sguardo sospeso poi decide di offrirci il pranzo.
Quando le nostre ombre iniziano ad allungarsi, non resistiamo al richiamo della strada e partiamo alla volta di Maddaloni. Questa tappa è asfalto e marciapiedi. Il catrame butta in alto tutta l'estate della mattinata e i nostri piedi sono come questo Vesuvio, di un bollore dormiente. 

 
Attraversiamo Santa Maria Capua Vetere, dove sembra si sia concentrata tutta la vita della cittadina. D'improvviso, alla nostra sinistra, si spalanca l'anfiteatro, gemello minore del Colosseo. L'Appia continua a riservare presenza di sé, anche a duecento e passa chilometri da Roma. Il tragitto si snoda noioso tra le periferie, sorprendendoci talvolta con sfavillanti statue di Gesù e Padre Pio che svettano nei cortili, poi la visione: il punto vendita dei prodotti di Peppino. Non possiamo esimerci dal portare con noi qualche bocconcino di bufala. Tanti gli incontri: Michele è un signore in bicicletta che ci chiede se siamo del gruppo che ogni anno cammina da Milano a Napoli: "scusate il disturbo, è che io vedo gente come voi e chiedo". Ci accosta una macchina e riconosciamo il "signore delle ciliegie" che ci ha accolto ieri alla Masseria Sant'Aniello. Poi un'altra: Peppino stesso. Ci sentiamo un po' più di casa, adesso.

 
Nemmeno oggi manca il momento avventura: dopo il solito rischio mortale degli incroci sulla statale, Giulia scavalca un cancello per percorrere una strada abbandonata. Al passaggio del secondo zaino, Clara scopre, a sue spese, che il cancello era aperto. Questo fa però infuriare due vespe, che esprimono disappunto con altrettante punture. Forse per percorrere tutta l'Appia Antica occorre saper fare parkour.

 
Michele - che ama e odia la città in cui è cresciuto - ci dice che Maddaloni è colma di storia: trentatré chiese, un castello e due torri - in stato di semi abbandono -, un piccolo borgo medievale, un museo archeologico multimediale, resti dell'antica Calatia. Al tempo stesso è una città in pieno degrado: una giovane sindaco arrestata per corruzione pochi mesi fa, strade ridotte a colabrodo, il municipio in piazza Matteotti (nella cui parte più antica soggiornò Garibaldi) in macerie.

Alle porte della città, nella cornice di uno splendido tramonto arancio, incontriamo Arturo, che ha socializzato con due nativi. Camminerà con noi le prossime tappe, anche lui ha una via da cercare.


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