martedì 14 giugno 2016

Tappa Due: da Albano Laziale a Cisterna di Latina

14 giugno 2016
 

Quando sente Nina cantare, Stefano si alza, nonostante sia rientrato a casa tardi stanotte, e si precipita ad abbrustolire il pane: "non ho niente, scusate". Ma troviamo i bicchieri già pieni di succo di ananas e sul tavolo yogurt, marmellata, nutella e burro di arachidi. Nei suoi gesti e nel suo modo di chiedere ci sono attenzione e amore rari. Lui si prepara un "brutto" caffè, tornerà a dormire solo dopo che saremo uscite. Lo salutiamo e Giulia lo abbraccia col suo affetto traboccante, mai timido. Clara gli stampa i soliti due baci sulla guancia, ma sono due baci ad angolo retto, di quelli colmi di cuore, di quelli che lei dispensa per i grandi saluti.

Il primo tratto di Appia si chiama corso Matteotti e poi via della Stella. Una donna getta occhiate compulsive ai panni stesi sui nostri zaini: siamo improbabili, sì, ma calze emutande devono pur asciugarsi in qualche modo. Accompagniamo il flusso delle macchine sul marciapiede, non sono ancora le sette e la loro processione è già ferma. Noi coi nostri gusci pesanti le superiamo e questo fa parte del gioco del cammino.
L'inizio di questa tappa è una lunga salita ripida - "degna di menzione", come dice Riccardo - che toglie fiato e parole; subito dopo una discesa che dà il colpo di grazia alle ginocchia di Giulia. Ci diciamo che non avremo niente da raccontare di questa tappa monotona e scorbutica, ma è proprio in quel momento che la strada ci sorprende: basoli neri e un'insegna gialla a fianco della statale.

 
L'Appia Antica ci accoglie con pareti di gelsomino e un'incredibile varietà di fiori ai lati della strada. Ma ci vuole ancora un po' per variare il nostro umore, ci vuole sole e un sentiero che corre lungo vigneti, cipressi e ulivi. Ci vuole che quel sentiero vada a sbattere contro un fitto muro di boscaglia a ridosso di un rigagnolo d'acqua, impossibile da raggiungere. 
Ci affidiamo e chiediamo a una signora occhi blu di poter passare dal suo giardino. Il suo chi va là si scioglie in un sorriso quando nominiamo la Signora delle Vie e ci indica la direzione: "ma non avete paura?". No, non ancora. Nemmeno quando due nonni preoccupati per noi, nipoti dissennate, si fermano.
"Ci sono i cani", dicono, ma su quello un mese di Molise ci ha allenate.
Chiediamo informazioni sul secondo fossato che ci aspetta poco più avanti: "è profondo?".
" 'Nzomma".
Quando l'accento rende l'idea.
Ci facciamo strada nella selva pungente, tra i rovi che agganciano i nostri zaini, le gambe, le braccia e persino i pensieri. Nell'ordine:
cinghiali
porcospini
istrici
vipere
cadaveri
draghi
Don Pietro Savastano
una biga romana che accorre in nostro aiuto.
Tutto riconquista un aspetto terribilmente reale e sciatto quando raggiungiamo il piccolo corso d'acqua sporco e puzzolente di rifiuti.
Risaliamo tra alberi caduti e troviamo, senza troppo cercare, il quadrifoglio più grande del mondo, quello più bello e quello più strano. Ci accompagnano mentre calpestiamo bambù secco e si stupiscono con noi quando il basolato dell'Appia ricompare nel giardino di una scuola. Chissà se le maestre ne raccontano affascinate la Storia ai loro giovani studenti. Forse quando qualcosa è "sempre" lì perde la
sua importanza nella tomba dell'abitudine.

 
Proseguiamo in un silenzio punteggiato da canzoni, racconti, dolori fino a riunirci sull'Appia Nuova al traffico stanco di mezzogiorno. Eterna è la strada fino al centro di Cisterna, ci aggrappiamo ai pini marittimi e alle nostre acquoline che ci riempiono la bocca e la testa.
In centro ci accoglie una graziosa piazza con fontana e - finalmente - vera ombra. Crolliamo su di una panchina dandoci il tempo di lasciar respirare i piedi e sgranchire le spalle, sollevate dal peso dello zaino.

Dopo pranzo Deborah ci scorta a casa. Quando i nostri sguardi si incrociano, è come se fossimo tre amiche che non si vedono dai tempi della scuola. Già in macchina ci raccontiamo, poi nella grande casa dalle pareti arancio, dove ci aspetta Mario, il suo compagno. Dopo poco arriva anche Laura, che porta con sé racconti di leggende cannibali, fondamenta che sprofondano e violini. 
Il pomeriggio scorre lieve come galleggiare, assaporiamo assieme a Deborah la prima anguria - qui cocomero - della stagione. Questo incontro ha un che di alchemico: lei non ha idea del motivo per cui siamo nella sua città, non sa niente dell'Appia e di questo camminare, così come del nostro viaggio in Molise, eppure ci accoglie parlando delle strade che da sempre vorrebbe percorrere a piedi, senza mai trovare il tempo giusto o la compagnia.
Ancora di più pensiamo che i nostri incontri siano regali perfetti al momento perfetto, quelli che solo gli amici di una vita sanno fare. Oggi ci piace pensare che anche noi possiamo esserlo per qualcuno, quando vediamo accendersi una luce d'entusiasmo negli occhi di Deborah.
Questa sera Mario sarà in scena, noi vorremmo essere con lui ma alla fine vincono gli acciacchi: un mal di testa, ginocchia doloranti, l'allergia. Gli ingredienti migliori per una serata tra donne a base di buon cibo, chiacchiere e canzoni... mentre la luna di lassù ci sta a guardare.

1 commento:

  1. Le ragazze avventuriere 😉 sono delle persone magiche. Sono appena andate via ed io non faccio altro che pensare a questo incontro!
    Ragazze mi avete entusiasmata e arricchita con le vostre storie, i suoni della chitarra e le canzoni suonate ieri sera, una serata speciale! mi sembra di conoscervi da sempre! Grazie per aver incrociato il mio cammino e aver portato un vento di allegria! Ci vediamo presto. Buon viaggio!!!

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